Tra genitori e figli: una gara di nobiltà (Seneca)

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Il rapporto tra genitori e figli può essere visto sotto un’ottica senecana alla luce della sua riflessione sui benefici. In genere, si dice che il genitore ha dato la vita a un figlio come se gli avesse dato un bene, mettendolo al mondo gli ha offerto un valore. Vediamo, però, cosa scrive Seneca a proposito di questo:

Il bene non è vivere, ma vivere bene. Ma io vivo bene. Però avrei anche potuto vivere male; quindi, questo soltanto devo a te: la vita. Se metti in conto la vita in sé e per sé, nuda, priva di discernimento e te ne vanti come di un grande bene, pensa che mi metti in conto un bene che hanno anche le mosche e i vermi.

E poi, per non parlare di nient’altro che dei miei studi liberali e della mia condotta orientata sulla retta via, tu nel tuo stesso beneficio hai ricevuto più di quanto avevi dato, perché mi hai generato come un essere ignorante e senza esperienza, mentre io ti ho dato un figlio tale da essere lieto di averlo generato. Seneca, I benefici, III, 31, 4-5

Si vede come nel rapporto tra genitori e figli, benché i genitori possano dire di aver dato loro la vita, gliel’hanno data nuda, nel senso che poi, quando il figlio compie, sviluppa e acquisisce valori e un modo di ben vivere, egli rende lieto il genitore, acquisendo un merito: è come se il figlio desse qualcosa al genitore. È difficile da capire questo. Leggiamo un altro breve passo:

Se poi qualcuno ha fatto tanti progressi da diventare famoso presso tutti i popoli o per la sua eloquenza o per la sua giustizia o per le imprese militari, e ha arrecato grande fama anche al padre, dissipando con la luce della sua fama l’oscurità dei suoi natali non ha fatto ai suoi genitori un beneficio incomparabile? Seneca, I benefici, III, 32, 2

Anche se è vero che i genitori hanno nutrito il corpo del figlio, è ancora più vero che il figlio ha nutrito l’animo dei genitori, offrendo loro una soddisfazione superiore, non semplicemente corporale, ma una soddisfazione interiore. In sostanza qui sembra che Seneca voglia dire, e lo dirà poi più tardi, questo: benché il genitore abbia dato la vita al figlio, c’è un bene superiore alla vita e questo bene può essere raggiunto dal figlio e quindi questi può superare il padre. Per esempio Seneca dice che se un figlio salva il padre dalla morte più di una volta, ha già superato il beneficio che aveva ricevuto dal padre. Ma queste considerazioni Seneca non le fa per sminuire il rispetto e l’adorazione per i propri genitori, infatti egli più avanti scrive:

L’affetto filiale sarà più vivo, se per contraccambiare il bene ricevuto, si presenterà con la speranza di superarlo. Ciò proprio provocherà l’approvazione e la gioia dei genitori, poiché per lo più l’essere superati va a nostro vantaggio. Seneca, I benefici, III, 36, 1

Allora questa visione della relazione tra padre e figlio potrebbe tornare benefica nel caso in cui si presentasse un’insoddisfazione dell’uno o dell’altro. Se uno dei membri del rapporto inizia a considerare la natura di questa relazione, in che modo rapportarsi in essa, come valutare il proprio ruolo, per esempio, potrà trovare conforto considerando che le sue imprese nella vita, le sue attività hanno arrecato gioia ai genitori che pure tanto gli hanno dato. In questo senso un tale rapporto potrebbe apparire quasi una gara, in cui si vorrebbe stabilire chi ha ricevuto il maggior beneficio. In realtà serve solo a far capire che c’è una situazione scambievole tra i genitori e i figli. Non sono solo i genitori a dare ma anche i figli lo fanno, seppure in maniera diversa. Un dare che avrebbe potuto anche non esserci, cosa che sarebbe accaduta se per esempio il figlio si fosse allontanato dalle aspettative e dalle attese del genitore, se egli avesse trascurato e azzerato i valori dei genitori; in questo caso quindi non avrebbe dato nulla in cambio nell’espressione di questo rapporto bilaterale. Il genitore non si aspetta di ricevere il pane o il nutrimento dal figlio ma che questi realizzi se stesso e, nel contempo, che conservi e sviluppi certi valori: questo è il beneficio che il genitore ne trae. Che sia migliore, che sia superiore, che ci sia una gerarchia fra chi riceve benefici, questo non conta, non è importante.