L’alterazione chimica del cervello

Maurizio Bisogno – introduzione, seconda revisione, 0817]

Perché la maggior parte degli esseri umani fa uso di sostanze che alterano lo stato della mente? Perché gli esseri umani sentono questa necessità di intossicarsi? E’ dovuto alla natura umana o alla società in cui essi vivono? Cioè, l’uomo è un essere che ricerca l’estraniazione dalla vita stessa o fugge da un certo tipo di vita?

E’ un fatto della nostra condizione di essere umani: noi cerchiamo l’alterazione chimica della mente e del cervello. Infatti, non sembra possibile immaginare la vita dell’uomo senza antidolorifici, senza caffeina o teina, senza sedativi, senza nicotina, senza alcool; un mondo senza tranquillanti, antidepressivi e anticonvulsivanti, e tantissime altre sostanze chimiche che agiscono direttamente o indirettamente sulle funzioni e le strutture del cervello. La miglior cosa da fare sarebbe quella di conoscere quanto meglio è possibile come controllarle e quindi conoscere come agiscono sul nostro cervello. La neuropsichiatria si è assunto questo compito da qualche decennio a questa parte.

Ma conoscere come agiscono su di noi, forse, non ci spiega perché ne facciamo uso fino a diventarne dipendenti, cioè fino a non poterne più fare a meno per andare avanti nella nostra vita.

Il problema diventa quello delle dipendenze, delle assuefazioni e quindi l’incatenamento nell’assunzione necessaria di quelle sostanze chimiche.

Una delle ragioni che spinge le persone ad assumere sostanze chimiche che alterano la nostra mente è il desiderio di evitare il dolore. Questo viene visto come qualcosa da evitare assolutamente, non badando al fatto che senza l’esperienza del dolore non saremmo in grado di vivere. Quando proviamo dolore, la prima cosa che dovremmo fare sarebbe quella di chiederci quale ne è la causa, eliminare la base del dolore non il sintomo, che è il dolore stesso. Invece, in primo luogo ricerchiamo la soppressione del dolore stesso con un mezzo artificiale come una sostanza chimica che altera la nostra percezione. Ma il dolore serve alla mente, oltre che alla sopravvivenza. Serve a insegnare che l’Io e il cervello non sono una sola cosa.

Il dolore ha una funzione che riguarda tutti gli esseri umani e in questo senso può essere affrontato filosoficamente e non soltanto come un disturbo da eliminare con un farmaco o con una qualsiasi altra droga, illegale o legale che sia.

Ho preso il dolore come esempio perché ci fa capire subito la richiesta di eliminarlo tramite le droghe: sostanze chimiche che agiscono sul sistema nervoso centrale e il cervello. In realtà, la fuga riguarda un aspetto molto più generale della condizione umana: noi viviamo nel regno della necessità e non sappiamo o non vogliamo vivere nel regno della libertà.

La questione della necessità è strettamente legata al lavoro, in particolare al lavoro salariato quale mezzo più diffuso per sopperire ai bisogni ricorrenti ed essenziali. Esso permette di rispondere alle necessità della vita. Ma questo ci dà anche un’indicazione normativa: se il salario serve alle necessità della vita, ogni qualvolta provi una spinta a comprare, ti devi chiedere con fermezza: Questa spesa è necessaria? Se la risposta è negativa, allora non dovresti fare quell’acquisto.

La coscienza del mondo della necessità viene spesso espressa nel luogo comune “La vita è dura” e sta semplicemente a indicare che non si può fare di testa propria, checché se ne dica. Dalla coscienza delle necessità al lavoro: un’attività che noi scegliamo di fare quando ci siamo convinti che quella è la soluzione alle nostre esigenze materiali. Fin qui non abbiamo affatto parlato della soddisfazione che uno deriva dal lavoro, ma della sua funzione di mezzo per soddisfare le esigenze materiali di base della vita.

Il lavoro salariato dipende dal tuo impegno ad andare in ufficio ogni giorno, alla stessa ora, tutto l’anno, eccetto per i periodi di vacanza autorizzati. In sostanza, questo ti offre la stabilità del salario e riduce la varietà della vita. La stabilità corrisponde a fare un’attività ripetitiva che produca un’entrata economica costante. La varietà consiste invece nell’affrontare ogni giorno come una sfida. Il lavoro salariato ti dà anche la possibilità di offrire il tuo sostegno costante alla tua famiglia.

Il dolore, le necessità, il lavoro, lo sforzo del lavoro: queste sono le basi del vivere. Noi viviamo in una società in cui tutti i prodotti dell’attività umana devono anche essere beni di consumo. “Il lavoro produttivo, manuale o intellettuale, è diventato l’unico modo rispettabile di impiegare la propria vita, e si chiama produttiva qualunque attività che produca soldi.”1

Introduciamo qui l’essenza del valore in questa società: i soldi. Lo scopo principale del lavoro salariato è il salario. La mia libertà individuale è circoscritta non solo dalle mie necessità ma anche dalle mie responsabilità. Non sono libero significa che ogni mia situazione, o contesto, è determinata da necessità e responsabilità ma soprattutto dalla mia scelta di rispondere ad esse. Ogni attività di svago o piacere deve avvenire all’interno di questa struttura; ogni deviazione da questo schema non deve intaccare la triade: necessità-responsabilità-risposta adeguata. Necessità e responsabilità sono strettamente connesse ai soldi, allora lo schema diventa:

1. andare a lavoro regolarmente

2. evitare o ridurre le spese inutili

3. non fare debiti o ripagare gli esistenti

4. le relazioni devono essere mantenute a un livello positivo ma superficiale.

La vita è dunque descritta in questo modo: essa non consiste in distrazioni e intrattenimento, ma è un insieme di doveri, in special modo quando ci assumiamo le responsabilità nei confronti degli altri. In altri termini, la vita è regolata dalle necessità (positive o negative), quindi devi lavorare per poter soddisfare i tuoi bisogni essenziali, i bisogni di coloro che dipendono da te. Il divertimento deve accadere sempre dopo aver risposto alle tue responsabilità. Questa visione della vita deriva direttamente dall’insegnamento esplicito di mio padre. Il sesso è incluso in questo schema, ma può esserne escluso se interferisce negativamente; altrimenti, se serve a mantenere il tuo equilibrio, si inserisce bene nel quadro, a condizione che sia sicuro e discreto.

Questa visione della vita non è per tutti, infatti qui ritorna la possibilità di far ricorso alle droghe, alle sostanze chimiche che alterano il nostro modo di vedere il mondo, di fuggire dalla durezza della vita, di alienarci dalla percezione delle cose nella loro crudezza.

‘I soldi sono necessari’ indica semplicemente che siamo esseri limitati – che non possiamo fare a meno di cibo, acqua, vestiti, casa, istruzione. E, quindi, che la nostra esistenza dipende dalla soddisfazione di bisogni materiali e mentali.

‘I soldi sono necessari’ indica anche che il modo più comune per ottenerli è il lavoro: per la stragrande maggioranza delle persone il lavoro è l’unico modo per ottenere i soldi necessari alla sopravvivenza.

In che cosa consiste il lavoro? In ultima analisi, si tratta di un’attività di trasformazione per conto di un sistema economico. La nostra società si basa su un meccanismo di scambio estremamente sofisticato che non può fare a meno del lavoro né dei soldi. In questa sistema, fare soldi senza lavorare riesce a pochi e fare ciò che piace guadagnando soldi è una chimera per la stragrande maggioranza. Il lavoro è una costrizione a fare per conto terzi senz’altro scopo se non quello dell’ottenimento di un salario. Ma l’uomo è molto di più e per rimanere in questa caverna deve far ricorso a mezzi di distorsione della cruda realtà: le sostanze psicotrope legali o illegali.

Queste fughe temporanee permettono la riproduzione dello schema descritto più sopra. Evasione e distrazione dalla routine del lavoro per poter ritornare a lavoro, per poter lavorare ogni giorno, per poter vivere ridotto a uno schema e non alla complessità dell’essere che l’uomo è. Per costruire le piramidi occorrevano centinaia di migliaia di uomini la cui esistenza fosse ridotta a un unico scopo, la cui esistenza si risolvesse in compiti quotidiani prescritti da altri e orientati alla realizzazione di uno scopo che trascendeva gli individui, le persone stesse. Da uomo a schiavo. Lo schiavo è proprio quell’individuo che ha ridotto la sua sfera di attività a pochi compiti ben precisi e ripetitivi, designati e imposti da altri; inoltre, al di fuori di questa sfera, le uniche sue attività sono il riposo e la soddisfazioni di bisogni elementari fisici. Quindi la riduzione dell’uomo a un mezzo, a uno strumento, a un ingranaggio, senza vita propria. Gli psicotropi trasformano la percezione di questa condizione, danno l’illusione, almeno per una serata o un fine settimana, che le cose stanno diversamente, che non siamo schiavi o ruote di un ingranaggio, ma che abbiamo una vita più “grande”, più intensa, più interessante, in cui anche noi possiamo amare ed essere amati, o ce ne possiamo dimenticare. Il dolore qui è quello esistenziale, profondo; quel dolore che dura, scompare per un po’, ma ritorna sempre.

La nostra società è malata, ma noi vediamo sono gli anelli più deboli spezzarsi o quelli che funzionano male. La salvezza sta necessariamente nella ragione e nell’amore. Il resto è alterazione chimica del cervello e delle sue funzioni. © Maurizio Bisogno

1 p. 41, Eclisse della ragione, Max Horkheimer, Terza Edizione, 1969, Einaudi Torino, in Einaudi Paperbacks