La teoria dell’anima in Aristotele (1)

La teoria dell’anima in Aristotele

 L’anima è l’attualità di un corpo vivente.

La psicologia filosofica di Aristotele. Trattato sulla natura dell’anima.

L’idea che l’anima è divisa in più parti e facoltà deriva da Platone, la differenza è che la teoria di Aristotele è radicata nello studio della biologia.

Per Aristotele la “ vera essenza dell’anima è definita dalla sua relazione con una struttura organica”, p. 192, Kenny.

Nel Fedro Platone immagina l’anima umana come una biga alata, guidata da un auriga (l’anima razionale) e trainata da due cavalli: uno, di razza generosa, che rappresenta l’anima irascibile connessa agli elementi passionali superiori (coraggio, sdegno, ecc.); l’altro, di razza ignobile, che rappresenta l’anima concupiscibile, connessa agli istinti più bassi (amore dei piaceri, ecc.). Fu il predominio di quest’ultima a causare la caduta dell’anima e il suo imprigionamento nel corpo.” p. 174, Geymonat,I

Aristotele si è occupato dell’anima nell’ Eudemo (sull’immortalità dell’anima), L’anima (Peri psychés), Il senso (Perì aisthéseos kaì aistheton), La memoria (Perì mnemes kai anamnéseos).

Quello che dice Kenny lo troviamo anche in Geymonat “…nella maturità, Aristotele passa ad una posizione antitetica [a quella platonica], cercando proprio nella struttura del corpo la radice della facoltà percettiva. Si può affermare che, in quest’ultima fase del suo pensiero, egli concepisce corpo e anima, non più come due estranei innaturalmente legati uno all’altro, ma come complementari tra loro, come materia e forma del medesimo individuo.” p. 218, Geymonat [corsivo mio]

Tuttavia vedremo che le interpetazioni dovranno prendere una piega diversa grazie a un famoso passaggio aristotelico. Ma per il momento atteniamoci alla spiegazione di questa versione monistica della concezione aristotelica.

Se intendiamo una sostanza vivente come il composto di materia e forma l’anima è la forma di un corpo naturale.

Ma che cosa intende Aristotele per ‘corpo’?

1. una sostanza composta vivente

2. il tipo di materia indoneo a ricevere una forma

3. Il corpo organico, un corpo che possiede organi – parti con funzioni specifiche

in tutti e tre questi casi l’anima interviene come forma del corpo.

Prendiamo il caso di un utensile come il martello: la funzione del corpo fisico è un po’ come se fosse la sua anima. Questo modo di intendere ci appare ancora più charo se prendiamo il caso di un organo come l’occhio: se esso fosse un animale intero, la sua funzione di vedere sarebbe la sua anima.

L’anima è un’attualità (atto).

Gli atti si dividono in atti primi e atti secondi.

L’atto secondo: quando l’occhio esercita la sua funzione di vedere; quando il martello esercita la sua funzione di martellare.

L’atto primo è la potenzialità, cioè è il martello a riposo, l’occhio che dorme; sono in possesso di un potere che non stanno usando.

L’anima è l’atto primo di un corpo vivente: il corpo mette in atto la totalità delle operazioni vitali dell’organismo – questo esercizio è la sua anima in atto (secondo).

Questa distinzione è molto importante per capire più avanti come si possa parlare di dualismo in Aristotele.

Non solo l’anima è la causa formale del corpo vivente, ma essa è anche il principio finale, il motore – il principio del cambiamento nel corpo.

La gerarchia delle anime, dal basso verso l’alto:

Le piante hanno un’anima vegetativa => nutrizione, crescita e riproduzione.

Glia animali hanno in più i poteri del movimento e della percezione.

Gli esseri umani hanno in più la ragione e il pensiero logismos kai dianoia – anima razionale.

Aristotele si situa tra Platone e Cartesio non solo in termini cronologici, ma in quanto crea unalternativa al dualismo: per A. l’anima non è un agente immateriale, interiore che agisce sul corpo. Infatti: L’anima non ha nessità di essere divisa in parti come avviene per il corpo; le parti dell’anima sono facoltà che differiscono tra loro per operazioni e oggetti. Il vedere è un’attività diversa dal sentire perché i colori sono diversi dai suoni.

L’anima è atto e funzione distintiva di un essere vivente.

Poiché la caratteristica distintiva dell’uomo è la sua anima razionale, ne consegue che la “felicità” dell’uomo consiste nel fare bene ciò che lo distingue dagli animali, cioè l’uomo deve usare la sua eccellenza razionale se vuole essere felice. L’uomo deve esercitare il pensiero.

Quest’ultimo può essere diretto verso una delle due direzioni seguenti: o come guide all’azione o come conoscenza contemplativa. E in coerenza con questa alternativa, A. sviluppa la sua etica.

A. radica il ragionamento – il raziocinio – morale nella fisica, nella conoscenza del corpo dell’uomo più in particolare nei sensi.

Prima distinzione: oggetti dei sensi che sono percepiti da un senso, per esempio il colore è percepito dalla vista e oggetti dei sensi che possono essere percipiti da più di un senso, come gli oggetti in movimento. Il movimento è un sensibile comune a cui non corrisponde alcun organo in noi. Noi possiamo percepire i sensibili comuni grazie alla facoltà nominata “senso comune” koine aisthesis. In realtà per A. quando incontriamo un cavallo e lo riconosciamo come tale è perché la nostra facoltà intellettiva riunisce les diverse percezioni sensoriali in un solo concetto o immagine – dunque è la funzione del “senso comune” che unifica le diverse percezioni che provengono da uno stesso oggetto. Questo processo unificante è l’astrazione.

L’analisi dei cinque sensi, della facoltà di sentire e della possibilità che un oggetto ha di essere percepito/sentito, merito un capitolo a parte; bast ricordare qui che la tesi aristotelica secondo cui la facoltà di percepire (sentire) in atto è la stessa cosa che la capacità dell’oggetto di essere percepito, questa tesi svolge un ruolo importante nell’analisi filosofica del sentire (percepire) in quanto evita la necessità di introdurre un passaggio (quindi anche un mezzo) tra la mente alla rappresentazione di ciò che si è percepito.

Riprendiamo il ragionamento filosofico di A. che collega i sensi all’anima, dicendo che oltre ai cinque sensi egli riconosce altre facoltà che egli nomina come i ‘sensi interni’.

La parte dell’anima che corrisponde ai sensi, quell locus che a livello cognitivo rispecchia i sensi, è la sede dell’anima irrazionale, che è diversa dall’anima vegetativa siccome può essere educata dall’anima razionale. Stiamo parlando del luogo dell’anima dove avvengono le emozioni sentite spontaneamente. (Vedi l’Etica a Nicomaco). Questa fa pensare all’anima irascibile e concupiscibile di Platone, tuttavia per Aristotele quest’anima sotto il dominio della ragione dà vita a virtù morali come il coraggio e la temperanza.

Dualismo Aristotelico

Nel capitolo 3, 5, § 430a 14-21, Aristotele introduce un elemento nuovo nella sua teoria dell’anima e cioè la distinzione tra due nous, due intelletti.

Infatti, da una parte egli parla di una mente inseparabile, impassibile e pure – che ci fa pensare al puro atto e dall’altra ci dice di una mente che può diventare ogni cosa, potenza pura. In quel breve passaggio aristotelico abbiamo potenza, atto, principio e gerarchia.

I commentatori latini di questo passo lo hanno interpretato nel senso che Aristotele avrebbe individuato qui due facoltà nella mente dell’uomo:

1. un intelletto attivo che forma i concetti e

2. un intelletto passivo, che è il depositario di idee e convinzioni, concetti.

Seguendo questa interpretazione, quando Aristotele afferma che “la conoscenza in atto è la stessa cosa dell’oggetto conosciuto” egli vuole intendere che “gli oggetti che noi incontriamo dell’esperienza sono pensabili solo in potenza non in atto. È làintelletto attivo che crea i concetti astraendo le forme universali dalle esperienze particolari. I concetti esistono solo nella mente. La loro attualità consiste semplicemnte nell’essere pensati. Il pensare stesso consiste semplicemente nell’essere pensati. Il pensare stesso consiste soltanto nell’occuparsi di tali universali.” Quindi il pensiero in atto (attualizzato) – il passaggio dalla potenza all’atto di un oggetto di pensiero – e l’operazione del pensare quell’oggetto sono la stessa cosa.

Ma è proprio qui che si insinua la novità nel pensiero di Aristotele, qui si introduce una parte dell’anima umana che è separabile dal corpo ed immortale. Qui Aristotele non parla più di due diverse facoltà della stessa anima, ma egli introduce due diversi tipi di anima.

Nel libro 10 dell’Etica a Nicomaco la vita dellàintelletto è messa in contrasto con quella del syntheton – composto di anima e corpo. Mentre le virtù e la saggezza pratica sono virtù del syntheton, l’eccellenza dell’intelletto è capace di un’esistenza separata ed è anche la fonte della vera felicità umana.

In effetti, Aristotele per poter essere detto dualista deve credere che l’anima è immateriale. Ma questo non basta.