L’errore dell’Illuminismo: una scienza senza saggezza.

©Maurizio Bisogno 2015

Se è vero che la scienza e la tecnologia hanno fatto passi da gigante superando la più vivida immaginazione, è anche vero che questa scienza e questa tecnologia non hanno senno. La conoscenza scientifica, oggi come mai prima d’ora, è completamente sganciata da ogni forma di saggezza. Lo sviluppo tecnologico e scientifico incurante di qualsiasi direzione morale è forse la fonte principale di tutti i maggiori mali del nostro tempo e a livello planetario.

Benché sia chiaro il rapporto tra avanzamento nella scienza e nuove tecnologie, non si sottolinea, tuttavia, con sufficiente evidenza e forza, il fatto che esse, senza saggezza, producono più danni all’uomo e al pianeta che vantaggi e benefici, che esse stesse pure promettono. Questo è vero innanzitutto se si pensa che la scienza e le tecnologia sono forme di conoscenza che aumentano enormemente il potere dell’uomo sugli altri uomini e sulla natura stessa.

La radice di questa concezione della scienza sta certamente nell’Illuminismo, nei suoi philosophes, secondo i quali dovremmo imparare dal progresso e dal metodo della scienza come migliorare e come produrre avanzamenti e progresso nella società; in questo senso gli Illuministi sono all’origine di uno sviluppo della scienza completamente priva di saggezza e morale.

Essi credettero (e lo si crede tuttora), infatti, che la scienza procede tramite il successo e quindi l’affermazione di teorie imparziali basate su evidenze. Non videro però che, se la scienza considerasse solo le evidenze empiriche, si produrrebbero una molteplicità di teorie rivali e che, senza il criterio dell’unità della teoria, il criterio empirico da solo non è sufficiente al successo di una singola teoria. (A questo proposito di vedano i lavori di Nicholas Maxwell, in special modo Is Science Neurotic? (Imperial College Press, 2004).

In questa sede, ci basti rilevare la seguente osservazione critica riguardo ai presupposti della scienza: la scienza presuppone che l’universo possegga una struttura unitaria e che questa struttura sia anche conoscibile, comprensibile. Ma questa è una vera e propria affermazione metafisica e pertanto non scientificamente dimostrabile. «La scienza è costretta ad assumere, mentre non lo sa (per certo), che l’universo è conoscibile».

Senza analizzare in dettaglio qui il procedere del metodo scientifico, possiamo riassumerlo in una formulazione che evidenzia l’errore della visione Illuminista: al contrario di quanto essi pensavano, oggi si afferma che la scienza si adatta, trasforma la sua propria natura (si vedano i lavori ti T. Kuhn) in funzione di ciò che essa stessa scopre sulla natura dell’universo. Essa sarebbe allora una rappresentazione in forma gerarchica dei suoi scopi e metodi e, soltanto se la intendiamo in questo modo, essa può essere generalizzata con successo ad altri campi della scienza.

In sostanza, l’Illuminismo non vide che una scienza intesa come insieme di «metodi che mirano al successo» di una teoria, benché conservi il suo carattere di natura problematica, era molto più adatta a essere applicata al compito di conseguire progressi sociali all’interno di una visione saggia e illuminata del mondo.

Un mondo che possa chiamarsi saggio e illuminato è tale se accetta la sua natura intrinsecamente problematica. Quando gli Illuministi intesero sia il mondo, l’universo, sia il metodo scientifico di conoscenza in una concezione «statica», atemporale, abbandonarono la via della saggezza e dell’essere Illuminati.

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