Note sulla guerra.
Partiamo dalla seguente affermazione di Seneca:
Il bene dell’uomo non è nell’uomo se non quando la ragione è perfetta, Lettere, 124, 11
Il bene deriva dalla ragione che è anche la nostra guida nella ricerca del primo. Solo l’uomo che fa uso della ragione può aspirare al bene nella sua vita. Ora, estendiamo il principio anche a coloro che prendono decisioni per gli altri, decisioni che hanno conseguenze per il mondo intero, quindi ci chiediamo:
Quanta ragione hanno coloro che decidono di iniziare o provocare una guerra? Da che punto di vista la guerra può essere vista come un bene? E che cosa pensare dei civili e dei disarmanti che si ritrovano coinvolti nelle guerre malgrado loro? Se per gli uni la guerra è un bene, come potrebbe esserlo per questi altri? E che cosa ne pensano della guerra i cittadini che la finananziano con le tasse che pagano?
Possiamo supporre facilmente che la stragrande maggioranza delle persone coinvolte direttamente o indirettamente in una guerra, prima o poi, concorderanno che essa non è affatto un bene.
Facciamo un’altra considerazione, questa volta sul piano dei rapporti interpersonali: se ricevi un’ingiuria e reagisci con rabbia e violenza (come in una piccola guerra) non stai seguendo la ragione; al contrario, stai reagendo a un’emozione causata dall’ingiuria, che può essa stessa essere considerata come un’emozione. È molto probabile che il danno provocato a te stesso e agli altri, scatenando quest’assalto di violenza, sarà molto maggiore del danno causato dall’ingiuria.
Ritorniamo alla guerra vera e propria: essa è un male per la salute mentale dell’uomo e per il suo benessere materiale. Chiediamoci allora: chi ci guadagna veramente da una guerra? Chi ha interesse a scatenare una guerra e dice di agire secondo ragione, ci spinge a riflettere su che intende per ragione. Non si tratta certamente della ragione perfetta di cui parla Seneca.
In realtà, le persone che sono responsabili del governo delle nazioni, quando sono dirette nelle loro decisioni dalle passioni, quando sono praticamente perduti nel vizio, cercheranno sempre di indurre i popoli a fare delle guerre: in loro non c’è pace e vorranno sempre trasferire fuori di loro stessi il conflitto che vivono interiormente. Il fatto è che più hanno potere e più hanno la capacità di danneggiare l’umanità.
Se volessimo applicare il principio stoico, ci chiederemmo a questo punto: credi che in qualche modo la decisione di fare una guerra dipenda da te? Oppure siamo di fronte a quelle cose della vita che ci trascendono, che sono fuori dal nostro controllo? Può il tuo agire influire sulla decisione di fare o non fare una guerra? Se, per esempio, credi che una forza possa giustamente opporsi a un’altra forza, potresti fare una guerra contro la guerra e dirti che stai facendo una cosa giusta! In questo modo, ti opponi a una cosa facendola tua, adotti il metodo di colui che vuoi contrastare, e cadi in una contraddizione evidente.
Ma potresti pensare che per opporsi alla guerra occorre usare mezzi diversi dalla guerra stessa, come la persuasione, il ragionamento, l’ignorare l’offesa. Come fece Catone quando un console andò a scusarsi da lui per un’offesa che gli aveva fatto; Catone disse non ricordava di aver mai ricevuto un’offesa da quel console.
Si può forse ignorare che qualcuno uccida innocenti e bambini con gas chimici? Il problema è il seguente: tu puoi solo indignarti e sentire tutta la sofferenza dell’ingiustizia: tu non hai alcun mezzo effettivo di determinare chi ha effettivamente compiuto quell’atto e non hai alcun modo di attaccare il responsabile con una guerra. Ma se tu ti senti responsabile per qualcosa che è completamente fuori dal tuo controllo, credi di essere razionale? Ti senti forse responsabile per un terremoto anche se empatizzi con le sue vittime?
Le guerre sono strumento di potere da parte di chi il potere ce l’ha, non sono mai fatte sulla base della ragione, ma solo nell’interesse particolare o di una classe, o di una potenza economica, o di una chimera – esse non beneficiano l’uomo ma il gruppo. La guerra non è dunque un bene per l’uomo, essa è solo relativamente utile a chi ne invoca la necessità. Tu da che parte stai? Se sei dalla parte della ragione (intesa come la facoltà dell’uomo) allora continua a usarla e insegna gli altri a farlo e, forse, un giorno le guerre svaniranno. Ma questa è un’utopia e il suo valore sta nel cammino che ti avvicina ad essa, non nella sua realizzazione perfetta.