Psicanalisi e teologia a confronto sul “Pater Noster”

Il “Pater Noster” e la psiche umana: un viaggio attraverso i simboli e i desideri

Il “Pater Noster” è una delle preghiere più antiche e recitate del mondo, ma avete mai pensato che dietro quelle parole ci sia molto più di un semplice atto di devozione? Jacques Lacan, uno dei più influenti psicoanalisti del XX secolo, ci offre una chiave di lettura che va oltre la religione, svelando profondi significati psicologici e simbolici che riguardano la nostra stessa esistenza.

Il testo che segue è un viaggio affascinante che parte da una lettura lacaniana del “Pater Noster,” dove la preghiera tradizionale si trasforma in una complessa rete di simboli e significati profondi. Uniremo poi la teologia ortodossa, la psicoanalisi lacaniana e le teorie di Joachim de Fiore, e vedremo come il Pater Noster emerge come un testo che trascende i suoi confini storici e dottrinali, aprendo a una riflessione profonda sulla storia, la psiche e la spiritualità umana.

Il Padre Nostro viene esplorato sotto la lente del Nome del Padre, del desiderio e del Reale, svelando come il linguaggio e l’ordine simbolico strutturino la nostra esperienza del mondo e del nostro inconscio. Questa introduzione non è solo un invito a rileggere una preghiera antica con nuovi occhi, ma una sfida a confrontarsi con le dinamiche fondamentali della psiche umana, tra limiti, mancanze e il costante tentativo di trovare un senso nella nostra esistenza. Immergetevi in questa interpretazione per scoprire come il familiare possa rivelarsi sorprendentemente estraneo e denso di significati nascosti.

Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli”, non stiamo solo evocando una figura divina, ma stiamo facendo appello a un simbolo centrale che struttura il nostro inconscio: il “Nome del Padre”. Questo concetto, che può sembrare astratto, è in realtà il pilastro che sorregge la nostra identità, introducendoci nell’ordine del linguaggio e della legge. È come se, fin da piccoli, interiorizzassimo un insieme di regole e limiti che ci permettono di vivere in società, ma che allo stesso tempo frenano i nostri desideri più profondi.

Eppure, questo Padre non è sempre presente in modo tangibile. “Che sei nei cieli” suggerisce un’assenza, un vuoto che struttura la nostra realtà. È un’assenza che può essere colmata solo attraverso il linguaggio e i simboli che ci permettono di navigare il mondo. Pensateci: ogni volta che parliamo, non stiamo solo comunicando, ma stiamo anche creando e strutturando la nostra realtà.

Ma cosa significa veramente “Santificare il tuo nome”? È un atto di riconoscimento della legge del Padre, un’accettazione delle regole che ci governano, ma anche una consapevolezza che attraverso il linguaggio possiamo dare un senso alla nostra vita, superando l’illusione di una pienezza che non possiamo mai raggiungere.

Quando invochiamo “Venga il tuo regno”, non stiamo forse desiderando un mondo in cui il nostro desiderio possa essere finalmente appagato? Tuttavia, come ci ricorda Lacan, questo regno è un luogo di legge e di desiderio, mai pienamente realizzabile. È un sogno che ci spinge avanti, ma che non possiamo mai afferrare completamente.

Il “pane nostro quotidiano” non è solo un nutrimento fisico. Lacan lo vede come un simbolo del Reale, quella dimensione dell’esperienza che resiste alla simbolizzazione ma che tentiamo costantemente di integrare nella nostra vita quotidiana. È la realtà che ci sfugge, che non possiamo mai comprendere del tutto, ma che continua a influenzare le nostre scelte e i nostri desideri.

E che dire del perdono dei debiti? Qui entriamo nella sfera della mancanza e della castrazione simbolica. Perdonare non significa semplicemente lasciar andare un torto subito, ma riconoscere che anche l’Altro, colui che ci ha ferito, è segnato da una mancanza, proprio come noi. È un atto di riconciliazione con il fatto che nessuno è perfetto e che accettare questa realtà ci permette di vivere più serenamente.

Infine, l’invocazione “Non ci indurre in tentazione” riflette il pericolo di cedere alle nostre pulsioni, di oltrepassare quei limiti simbolici che ci tengono al sicuro, mentre “Liberaci dal male” diventa una richiesta di protezione contro quel godimento mortifero che potrebbe distruggerci.

In questo senso, l’Amen finale non è solo una conclusione, ma un atto di adesione all’ordine simbolico, un’accettazione della legge del Padre che ci guida attraverso le difficoltà e le sfide della vita.

Il “Pater Noster” non è quindi solo una preghiera, ma una mappa complessa e affascinante della psiche umana. Attraverso una lettura lacaniana, possiamo scoprire che ogni parola, ogni versetto, ci invita a riflettere sulle tensioni fondamentali che definiscono la nostra esistenza: il conflitto tra desiderio e legge, tra pienezza e mancanza, tra Reale e simbolico.

Se vi è mai capitato di recitare questa preghiera meccanicamente, vi invito a fermarvi un attimo e a considerare le profondità nascoste in queste parole. Scoprirete un mondo interiore ricco di significati, un viaggio attraverso la mente e il cuore dell’essere umano, che vi porterà a vedere questa antica preghiera sotto una luce completamente nuova.

A questo punto facciamo un passo oltre. Consideriamo l’interpretazione del Pater Noster nella tradizione ortodossa e mettiamola in relazione con la lettura lacaniana; vediamo quindi se questo confronto ci rivela legami interessanti tra teologia e psicoanalisi. Diciamo subito che, mentre la tradizione ortodossa vede questa preghiera come un atto di sottomissione alla volontà divina, invocando il regno di Dio affinché si manifesti sulla Terra, la lettura lacaniana trasforma questa dinamica in una complessa interazione tra il simbolico, il Reale e il desiderio umano.

Nella teologia ortodossa, il Pater Noster è considerato la preghiera per eccellenza, che esprime il desiderio di unione con Dio e la trasformazione del mondo secondo la sua volontà. Le richieste di “Venga il tuo regno” e “Sia fatta la tua volontà” sono viste come un’invocazione affinché la realtà terrena diventi un riflesso della perfezione celeste. Questo implica non solo una trasformazione spirituale individuale, ma anche una trasformazione collettiva e cosmica, in cui il regno di Dio si realizza sulla Terra attraverso la fede e le opere dei credenti.

Dal punto di vista lacaniano, questa invocazione del regno di Dio, come abbiamo visto sopra, può essere letta come un simbolo del desiderio del soggetto di realizzare l’ordine simbolico. Lacan parla del “desiderio dell’Altro,” quella mancanza intrinseca che spinge il soggetto a cercare una pienezza che, tuttavia, rimane inaccessibile. Nella preghiera, il soggetto si rivolge al Padre, non solo come figura divina ma come rappresentazione del “Nome del Padre,” il garante dell’ordine simbolico che struttura l’inconscio.

Il parallelo tra queste due interpretazioni emerge nella concezione dell’assenza e del desiderio. Mentre l’ortodossia cristiana vede la volontà divina come un ideale da realizzare nel mondo, Lacan vede il desiderio come una forza che struttura il soggetto, pur rimanendo sempre in parte insoddisfatto. Il regno di Dio, in questa prospettiva, è simile a quel luogo simbolico che esiste solo come mancanza, un desiderio che non può mai essere pienamente soddisfatto.

Unendo queste due visioni, possiamo vedere il Pater Noster come un testo che opera su più livelli: come preghiera teologica che invoca la discesa della volontà divina, e come struttura simbolica che riflette i conflitti interiori del desiderio umano. In entrambi i casi, si tratta di un movimento verso qualcosa di trascendente, che, sebbene mai completamente raggiungibile, dà senso e struttura alla nostra esistenza.

Ma facciamo ancora un passo ancora oltre, prendendo in considerazione Gioacchino da Fiore, teologo e mistico medievale nato intorno al 1135 in Calabria[i] e celebre per la sua teoria della storia e del tempo, che sviluppò nel contesto della teologia cristiana. La sua visione della storia era profondamente influenzata dall’Apocalisse e dalle Scritture, ma si distinse per la sua innovativa suddivisione della storia in tre età o epoche, ciascuna rappresentata da una persona della Trinità.

Applicando la visione di Joachim de Fiore al Pater Noster, possiamo intravedere un ulteriore strato di interpretazione che si fonde sia con la tradizione ortodossa sia con la lettura lacaniana:

  • “Padre nostro che sei nei cieli”: Questo potrebbe rappresentare l’epoca del Padre, in cui l’umanità si rivolge a un Dio trascendente, che stabilisce leggi e confini.
  • “Venga il tuo regno”: Qui, l’interpretazione si collega all’Età del Figlio e del Figlio di Dio che inaugura il regno terreno di pace e amore, anticipando l’arrivo dell’età spirituale.
  • “Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”: Potremmo vedere in questa invocazione un ponte verso l’Età dello Spirito, in cui la volontà divina non sarà solo un comando esterno, ma sarà interiorizzata e vissuta pienamente dagli esseri umani nella nuova era spirituale.

Unendo la teologia ortodossa, la psicoanalisi lacaniana e le teorie di Joachim de Fiore, il Pater Noster emerge come un testo che trascende i suoi confini storici e dottrinali, aprendo a una riflessione profonda sulla storia, la psiche e la spiritualità umana. Questo dialogo tra teologia e psicoanalisi offre un terreno fertile per esplorare non solo il significato della preghiera, ma anche il modo in cui la nostra comprensione della storia e della realtà è modellata da forze spirituali e simboliche che operano in profondità.


[i] Joachim de Fiore (o Gioacchino da Fiore), un teologo e mistico medievale nato intorno al 1135 in Calabria, nell’Italia meridionale. È celebre per la sua teoria della storia e del tempo, che sviluppò nel contesto della teologia cristiana. La sua visione della storia era profondamente influenzata dall’Apocalisse e dalle Scritture, ma si distinse per la sua innovativa suddivisione della storia in tre età o epoche, ciascuna rappresentata da una persona della Trinità.

Le Tre Età di Joachim de Fiore

Joachim de Fiore suddivise la storia umana in tre età:

  1. L’Età del Padre: Questa è l’epoca dell’Antico Testamento, dominata dalla legge e dalla figura del Dio Padre. È un periodo caratterizzato da obbedienza e timore reverenziale verso Dio.
  2. L’Età del Figlio: Questa fase inizia con la venuta di Cristo e rappresenta l’era del Nuovo Testamento, segnata dall’amore e dalla redenzione portati dal Figlio, Gesù Cristo. È il tempo della Chiesa e della diffusione del Vangelo.
  3. L’Età dello Spirito Santo: La terza e ultima epoca è quella più innovativa nella visione di Joachim, in quanto prevede un futuro imminente in cui lo Spirito Santo guiderà l’umanità verso una nuova era di pace, amore e libertà spirituale. Questa sarebbe un’epoca di comprensione mistica e di una chiesa spirituale, priva delle strutture gerarchiche e autoritarie delle epoche precedenti.