Tag: Fasci siciliani

Storia del movimento operaio in Italia (4)

L’esperienza dei Fasci Siciliani. Un’analisi marxista: limiti di una “classe in sé” Karl Marx, nel Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (1852), descriveva la piccola proprietà contadina come una “classe in sé”, ovvero un aggregato sociale i cui membri condividevano interessi materiali simili, ma che, a causa della dispersione geografica e della mancanza di strutture organizzative, non riuscivano a sviluppare una coscienza politica autonoma e rivoluzionaria. Secondo Marx, a differenza del proletariato industriale, i contadini non possedevano gli strumenti per un’azione collettiva coordinata e risultavano quindi facilmente manipolabili dalle élite politiche e dai governi autoritari. L’esperienza dei Fasci Siciliani sembra

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La storia del movimento operaio in Italia (3)

La repressione di Crispi: lo Stato contro il movimento La crescita del movimento non passò inosservata alle autorità. I Fasci Siciliani rappresentavano una minaccia diretta all’ordine costituito, non solo per le loro rivendicazioni economiche e sociali, ma anche per la loro capacità di mobilitare le masse su un’isola considerata periferica e tradizionalmente ritenuta politicamente passiva. Il governo di Francesco Crispi, di orientamento autoritario e nazionalista, vide nel movimento non solo un pericolo per la stabilità sociale, ma anche un focolaio potenzialmente rivoluzionario, alimentato dalle idee socialiste e anarchiche che in quegli anni stavano guadagnando terreno in tutta Europa. La risposta

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Storia del movimento operaio in Italia (2)

1. Le Origini: Leghe Contadine e Lotte Agrarie (1870-1914) I Fasci Siciliani e la Lotta Contadina nel Sud Italia Origini e Contesto Storico Negli ultimi decenni dell’Ottocento, il Sud Italia e in particolare la Sicilia rappresentavano un caso emblematico delle contraddizioni di un sistema economico ancora profondamente arretrato, fondato sulla grande proprietà terriera e su rapporti di produzione semi-feudali. Il latifondo, caratterizzato da vaste estensioni di terre scarsamente produttive, era nelle mani di una ristretta élite di proprietari terrieri, spesso assenteisti, che delegavano la gestione a gabellotti e amministratori locali. Questi ultimi esercitavano un potere quasi assoluto sulla manodopera contadina,

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