Chi ha inventato l’anima?
© di Maurizio Bisogno 2014
Sembra una domanda strana, vero? Eppure, non si deve credere che il concetto di anima in qualche modo separata dal corpo e che sopravviverebbe alla morte dell’essere corporale, questo concetto, dicevo, non si deve pensare come se fosse sempre esistito nella cultura occidentale.
Il termine psyche così come compare nell’Iliade di Omero ha il significato di vita e quello di una metafora di una specie di contenitore del sé spirituale, esso non si riferisce all’anima: la vita che esce dalle vene del ferito in battaglia non è l’anima ma la vita stessa, la linfa della vita.
Tuttavia, all’inizio del Libro XXIII dell’Iliade, la psyche di Patroclo rende visita ad Achille in sogno, e questo modo di presentarsi della psyche, come se fosse un’ipostasi di Patroclo, contraddice in pieno il significato di questo stesso termine come appare nel resto del poema omerico: non ci viene presentata come la vita ma come ciò che rimane quando la vita non c’è più, quella specie di fantasma che ne se va nell’Ade, l’anima appunto. Ora, in tutti gli scrittori dell’VIII e del VII sec a.C. psyche non è mai anima, essa ha invece sempre il significato di vita o “linfa” vitale. Quindi c’è nel sogno di Patroclo un’accezione della psyche relativa alla morte, mentre, nell’accezione comune di quel tempo, in genere essa è ciò che rende la vita possibile, come se ci fosse stata un’interpolazione successiva, e anacronistica, nel testo dell’Iliade. Infatti è con Pindaro (520 – 518 a.C.) che il significato di psyche inizia a riferirsi all’anima.
A questo punto pare quanto mai verosimile supporre che Pitagora, la cui filosofia fioriva intorno al VI sec., abbia avuto un ruolo determinante nell’introduzione del concetto di psyche, infatti, fu proprio dalla scuola di Crotone nel sud dell’Italia che si diffondeva l’idea di un’anima la quale potesse trasmigrare da un corpo all’altro dopo la morte, per poi vivere una nuova vita in un altro corpo umano o animale. Tutti i testi che riferiscono di questo aspetto del pensiero pitagorico usano la parola psiche in questo nuovo senso, secondo cui essa è chiaramente separabile dal corpo e può migrare da un corpo all’altro.
In questo mutamento lessicale, in tale mutamento di senso, anticipato dalla scena -in qualche modo “stonata” per il suo tempo- dell’apparizione dell’anima di Patroclo nel sogno di Achille, si inserisce anche la nascita del dualismo soma (corpo) e psyche (anima) e, come se non bastasse, con Pindaro e Eraclito, insieme ad altri, un nuovo senso si aggiunge alla comprensione della coscienza: il nous. La coscienza prende una forma sempre più complessa. L’anima ormai è come prigioniera del corpo, ma di che cos’è fatta? I vari filosofi presocratici tentarono di dare una risposta basata sui quattro elementi. Ma, come dicevamo, qui inizia anche la sua lunga carriera il dualismo che da Platone, attraverso gli Gnostici e il neo-platonismo, costituisce una colonna portante delle grandi religioni monoteistiche, e seduce persino filosofi come Cartesio.
Ecco delineato brevemente come il concetto di anima, partendo da psyche attraversa la poesia, la filosofia e le religioni trasformandosi, mutando il suo referente e fornendo all’uomo una diversa concezione di se stesso.
Questo ci mostra anche però che così perdiamo la nostra innocenza; quando il velo dell’illusione si dissipa è come se rimanessimo con un pugno di cenere in mano, è come se la via e il nostro procedere svanissero. Il nostro compito è allora quello di tracciare un’altra via per poter uscire dallo stupore che ci assale di fronte alla percezione del fatto che tanta parte di ciò che sappiamo, o crediamo di sapere, è costruzione della ragione e del sentimento. Quella stessa ragione che decostruisce e ci lascia soli.
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