Sapere di chi ti puoi fidare è importante

Di chi ti puoi fidare?

© di Maurizio A. Bisogno

Prima o poi, dovrai decidere se fidarti o meno di certe situazioni, oppure sarai costretto a decidere di chi fidarti, nel qual caso possono aiutarti le considerazioni che seguono.

Alcuni atteggiamenti comuni che possono guidarti potrebbero essere i seguenti:

Non mi fido di questi falsi amici” (Pensiero paranoico)

Io mi fido di tutti” (Pensiero idiota)

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” (Accortezza).

Poi si pensa che di un cane ci si può fidare, ma deve essere il tuo cane. Procedendo così, ci si dice che qui ci interessano gli esseri umani, che non sono cani e non ti puoi fidare degli uomini, a meno che non li trasformi in cani tuoi. (Pensiero comico).

Non ci si può fidare degli uomini per il semplice fatto che la mente e la psicologia di ciascuno sono troppo complicate per l’uomo stesso.

Fermiamoci un attimo sul termine ‘fiducia’. Questa è caratterizzata da un atteggiamento nei confronti degli altri, ma anche verso se stessi, che si basa su una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni. Di conseguenza, ci confidiamo nelle proprie possibilità o in quelle degli altri e ciò produce in noi un senso di tranquilla sicurezza. Ma, e questo è un ‘ma’ importante, se non riusciamo a valutare correttamente i fatti, le circostanze, le relazioni il nostro senso di sicurezza, o di sfiducia, è falsato. Cioè, la valutazione errata di fatti, circostanze e relazioni ti induce erroneamente a fidarti o a non fidarti di certe persone e di certe loro abilità con conseguenze inaspettate.

Quindi, la fiducia o il sospetto si basano sulle valutazioni che noi facciamo, il che vuol dire anche che la chiave di questo atteggiamento risiede nella nostra capacità di giudizio che, a sua volta, dipende dalla qualità delle informazioni a nostra disposizione e da come noi siamo in grado di integrarle nell’elaborazione di un giudizio.

Ci dobbiamo chiedere a questo punto quali strumenti abbiamo per valutare cose e fatti riguardanti una o più persone al fine di decidere se poterci fidare oppure no. Nella nostra quotidianità, per valutare i fatti a disposizione, per stabilire l’affidabilità di certi dati ricorriamo spesso all’uso dell’analogia.

Come faccio a stabilire, per esempio, se posso fidarmi di questa o quella persona? Che uso farà delle informazioni che gli comunico? In che modo questa persona potrebbe usare le notizie sulla mia vita contro di me? In sostanza, devo essere in grado di sapere qualcosa di pertinente su questa persona; mi potrei chiedere: qual è il suo atteggiamento nei confronti degli altri? come usa questa persona le notizie altrui quando è con me? E’ molto probabile che farà lo stesso nel trattare ciò che sa di me quando si troverà con qualcun altro. Cioè, per giudicare cerchiamo delle similitudini tra “cose” diverse.

In molti casi, i “fatti”, che noi abbiamo su certe persone e su cui cui poi finiamo per giudicare, sono solo sensazioni, ovvero reazioni emotive alla vista di questa persona, o al suono della sua voce, ecc. In questi casi, è necessario valutare la base della nostra sensazione. Per esempio, “ogni volta che incontro Tizio, penso: ‘Egli vuol dirmi qualcosa che non mi dice mai’ ” Arrivo a questo pensiero attraverso l’osservazione di similitudini dello sguardo, della postura del corpo, movimenti della bocca, degli occhi, mani, tono della voce che accadono in situazioni diverse.

Naturalmente, l’analogia non ci offre certezze ma probabilità, ma di cosa siamo assolutamente certi?

La risoluzione di problemi emotivi e relazionali è tanto o, forse, più importante della risoluzione di problemi finanziari, economici, politici e sociali in genere. Infatti, la salute emotiva determina come sperare e come esperire la felicità.

Giudicare correttamente i nostri amici ci fa capire quanto possiamo fidarci di loro, ma occorre innanzitutto imparare a fidarci di noi stessi, delle nostre abilità nel valutare correttamente. Imparare a osservare e a ragionare aiuta a farci capire chi siamo e quali sono le nostre vere intenzioni, i nostri pensieri, a riconoscere le nostre emozioni più sottili e celate. Chiarirsi con se stessi elimina molti problemi che altrimenti e falsamente verrebbero attribuiti a ciò che è esterno a noi stessi (persone o cose).

Una volta che abbiamo sgomberato il terreno dalle nuvole della nostra mente e del nostro sentire e reagire, possiamo passare a giudicare quell’amico e vedere meglio se possiamo fidarci oppure no.

Partiamo ora da un restringimento di significato: la fiducia intesa come fondamento nei rapporti interpersonali: ponendo la nostra fiducia in qualcuno, noi abbassiamo le nostre barriere e possiamo esplicitare quella relazione nelle sue possibilità.

Ma su cosa si basa questo credere nell’altro? La risposta immediata sembra essere il fatto di sapere, di avere abbastanza conoscenza dell’altro. Come posso fidarmi di un essente che non sono in grado di conoscere? La fiducia segue la conoscenza. Di conseguenza non potrò mai fidarmi di un potere forte che non si renda comprensibile, non potrò mai fidarmi delle banche o dei politici, per esempio, se non sono in grado di capirli. Ma anche nelle relazioni più strettamente private, personali non ti fidi di chi non rientra negli schemi di comportamento che tu conosci o sembra offrire chiaramente una trasparenza di intenti e di convinzioni; e più che conoscere, però, potremmo dire che si tratta di riconoscere.

Ti fidi di Internet, per esempio? Che cosa sai di quanto che possono sapere di te senza che tu lo esprima o lo metta coscientemente a disposizione degli altri?

Per quanto riguarda la nostra relazione con il potere, nella maggior parte dei casi, noi mettiamo in pratica comportamenti, agiamo perché non abbiamo scelta non perché abbiamo fiducia. Oppure, pur non riponendo fiducia nella banche, non abbiamo molta scelta riguardo a chi affidare transazioni, depositi e investimenti. Non abbiamo fiducia nei politici, ma certamente non possiamo andare noi stessi in parlamento oppure creare partiti fatti su misura per noi, quindi se votiamo per questo o per quello non è perché abbiamo un rapporto di fiducia, ma un rapporto di necessità.

In realtà, dato che i rapporti interpersonali sono quasi totalmente ridotti a rapporti economici, non è la fiducia che li determina ma gli oggetti di scambio. E’ nello scambio che si realizza la fiducia. Ma lo scambio di cosa? Di merci e servizi. E che cosa regola lo scambio? Il denaro. Siamo degni di fiducia nella misura in cui siamo capaci di ottemperare ai pagamenti in denaro richiesto da una certo rapporto di scambio. Ma ti esporresti allo scambio con qualcuno di cui non ti fidi? La riposta logica è no, eppure noi scambiamo la nostra intera vita, spesso, con qualcuno di cui non sappiamo veramente le intenzioni, il progetto di vita, che non conosciamo realmente. Volete degli esempi: quanto conosci lo Stato e chi ne fa parte? Quanto conosci l’azienda a cui dai la maggior parte del tuo tempo in cambio di un salario? Quanto conosci chi produce i mezzi di comunicazione a cui esponi te stesso e i tuoi figli per la maggior parte del tuo tempo libero? Insomma, noi viviamo in un mondo basato o sull’interesse o sulla pigrizia o sulla necessità, non certo sulla fiducia.

Conseguentemente, il sospetto diventa l’arma principale di difesa. Il sospetto intellettuale ed emozionale. Prendi il caso di quando eri adolescente, di quando ti sei innamorato, di quando ti sei completamente dato a qualcuno, che cosa ti è rimasto? Ma soprattutto quella fiducia che hai riposto nella persona o nella entità a cui ti sei dato su che cosa si basava? Non certo su una conoscenza dell’altro termine della relazione. Il sospetto è praticato dal potere nei tuoi confronti continuamente: tu sei costantemente controllato nelle tue attività oppure sei sottoposto a costante condizionamento in modo da essere una entità nota che, quindi, è prevedibile. Il potere non ti accorda la fiducia se non ti conosce.

La fiducia non è alla base dei rapporti sociali nel sistema in cui viviamo, ma il suo opposto, quello sì: il sospetto e la necessità di accertare. D’altra parte, potrebbe essere altrimenti?

Abbiamo visto che questo è un tema interessante ma poco studiato. Interessante perché la fiducia che sembrerebbe a prima vista un elemento essenziale alle relazioni interpersonali è comunque una caratteristica in via d’estinzione per il semplice fatto che si fa veramente poco solo e soltanto basandosi su di essa. La fiducia richiede tempo per instaurarsi, non è più un fatto istintivo, come è il caso di un bimbo con almeno uno dei suoi genitori. La domanda allora diventa: come si fa a costruire una certa fiducia nel mondo che ci circonda quando la maggior parte degli eventi legati alla vita sociale, politica, economica e culturale sembrano determinati da poteri che agiscono dietro le quinte? I leader dell’umanità non sono degni di fiducia, mutano politiche e direzione col mutare del vento. I poteri manifesti non sono affidabili, fanno il contrario di quello che dicono e dicono tutto ed il contrario di tutto. Noi viviamo in un mondo in cui siamo bombardati da ogni tipo di informazioni che finiscono per negarsi da sole. Anche la scienza crea notizie ad hoc, oggi un certo tipo di cibo fa bene, domani è un altro discorso. La politica non sa più che inventare per nascondere i suoi veri intenti dettati, molto probabilmente, da altri poteri che possiamo definire, senza esitazione, economici e finanziari. Viviamo in un mondo in cui non esiste una cultura nazionale ma una mondo virtuale televisivo e telematico internazionale, senza identità. Le università sono centri di potere o espressione di potere piuttosto che di cultura. Le lingue nazionali sono costantemente minacciate da una lingua globale, appiattita nella forma ma, soprattutto, nei contenuti. Lo sport è devastato nella sua natura dai “giochi” di denaro e di politica globalizzante: le squadre nazionali sono composte di membri di non si sa quale nazione. Insomma, come si fa a dare fiducia agli altri? Ti devi fidare delle banche ma loro non si fidano di te. Ti devi fidare dello Stato, ma esso ti controlla nei più intimi momenti della tua vita privata. Ma poi, li vedi questi leader? Che fiducia ti ispirano? E hanno persino fiducia in loro stessi?

Ecco che il pensare al significato della parola fiducia rimanda ad altro, a moltissimo altro, al significato del mondo in cui viviamo. Il nostro è un presente in cui l’uomo non ha fiducia, cioè non può abbandonarsi sapendo che l’altro termine in questione non ti tradirà. Ti tradisce e come!

Gli individui devono dover provare continuamente, mentre i poteri devono solo ingannare, gettare polvere negli occhi affinché poi loro facciano di te quel che vogliono.

Il punto è, ancora una volta, che le relazioni sociali e, purtroppo, quelle umane in generale non sono governate dalla fiducia, ma dal controllo, da un lato, e dal sospetto dall’altro. Dare ciecamente la fiducia ai sistemi di informazione, a quelli scolastici, al sistema politico è un lusso che individui che abbiamo a cuore la propria vita non possono permettersi.

Vi chiederete, che cosa tutto questo abbia a che fare con la filosofia. Ebbene, io vi rispondo che la filosofia può fornire gli strumenti razionali per discernere a chi potremmo dare la nostra fiducia, come riconoscere e individuare le situazioni e le persone che potrebbero meritare la nostra fiducia ed in questo modo condurre una vita pensata e non una vita da zombi. Vi pare poco?

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