Le ragioni del capitalismo
Le ragioni del capitalismo
Ciò che sta succedendo con la Grecia non è un somma di contingenze e di cattive volontà. Il capitalismo presenta delle debolezze strutturali che si rivelano sempre più frequentemente. È doveroso ripensare la critica del sistema capitalistico con perseveranza e buoni argomenti.
Mi chiedo se ci sia tema più attuale di quello delle privatizzazioni. Sembra che arrivi sempre il momento in cui la privatizzazione viene sbandierata come soluzione per uscire dalle varie e ricorrenti crisi della nostra società. Essa appare dunque come un desiderio di credere ciecamente nei benefici del libero mercato. Io credo che sarebbe bene riprendere un testo non proprio recente che ci illuminerà con alcune riflessioni critiche nei riguardi di questa che da molti viene ritenuta una panacea. Che la privatizzazione non sia tale ce lo mostra il fatto che il libero mercato di fatto è un’utopia.
Il testo che utilizzerò per criticare la fede nel capitalismo è quello di Maurice Dobb Le ragioni del socialismo pubblicato a Roma nel 1973. Da quest’opera ho scelto sei argomenti che affronteremo brevemente uno per uno.
1. L’argomento del piccolo proprietario.
La proprietà ingenera l’interesse di difenderla e dunque impone una gestione efficiente. Ma il capitalismo odierno è organizzato in grandi compagnie e grandi cartelli posseduti da centinaia si azionisti, che tipo di rapporto, dunque, hanno quest’ultimi con la proprietà? Nessuno. Il piccolo proprietario ha ben poco a che vedere con il mondo degli affari.
2. La molla del profitto.
Secondo quest’argomento l’attività economica nel capitalismo è guidata dal desiderio del profitto. È per questo che il capitale si e assumerebbe sempre nuovi rischi e tenderebbe a migliorare progressivamente la produzione. Tuttavia nell’era dei monopoli e deli oligopoli questo ha perduto la sua validità. Il raggiungimento del profitto, infatti, conosce altre vie che non sono quelle strettamente produttive: espansione o riduzione della produzione, dominio del mercato, costringere un concorrente con le spalle al muro o comprarlo mediante l’uso della pubblicità o di manovre finanziarie.
3. La concorrenza.
L’argomento della concorrenza viene sostenuto a favore dell’impresa privata.
Gestire un’impresa privata, spesso si sostiene, vuol dire essere soggetti lla pressione della concorrenza, che costringe a lottare per conquistare il favore dei consumatori e impone l’introduzione di nuovi prodotti e nuovi metodi di produzione, che consentono la diminuzione dei costi di produzione e dunque la riduzione dei prezzi, con il relativo vantaggio dei consumatori.1
L’obiezione principale a questo argomento è che lo sviluppo del capitalismo comporta il restringimento della concorrenza quanto meno per quanto riguarda i prezzi. Oligopoli e monopoli e semi-monopoli tendono alla limitazione della concorrenza.
La concorrenza diventa imperfetta: infatti essa viene meno quando scompare la possibilità di distinguere un prodotto da un altro e quando il mercato è condizionato dall’uso di costosissime campagne pubblicitarie che hanno lo scopo di imporre un prodotto e pilotare le scelte dei consumatori.
4. Il più produttivo riceve un reddito maggiore
Ciò è chiaramente falso. I redditi maggiori, infatti, vanno a coloro che hanno un rapporto pressoché inesistente con la produzione. Il reddito è determinato dai privilegi economici di cui godono le persone e non dal contributo economico che esse forniscono o dalla loro abilità. La maggior parte delle persone che trascorrono l’intero anno sulle spiagge della Florida non sarebbero in grado di inventare una carriola!
5. Il risparmio.
Secondo questo argomento le grandi fortune hanno come conseguenza un alto tasso di accumulazione di capitale, dato che i ricchi non riescono a spendere quanto posseggono e sono costretti a risparmiare.
Poiché l’accumulazione di capitale nell’ultimo secolo è stata la spina dorsale dell’espansione industriale in tutti i paesi economicamente sviluppati, ne consegue che il capitalismo per sua stessa natura è un sistema di sviluppo economicamente progressivo, proprio perché dà libero corso alla creazione di grandi fortune e di grandi surplus.2
Prima obiezione: nessuna statistica ha dimostrato che i risparmi aumentano proporzionalmente all’aumento del reddito.
Secondo obiezione: non è affatto vero che il risparmio è l’unico sistema con cui è possibile accumulare capitale e garantire lo sviluppo economico. È ragionevole pensare che lo sviluppo economico possa essere assicurato dal capitale sociale; è possibile ipotizzare che abolendo le grandi fortune si aumenterebbero gli investimento e si ridurrebbero gli sprechi.
In conclusione, l’argomento del risparmio si fonda sull’esistenza della proprietà privata ma non fornisce una spiegazione per quest’ultima.
6. L’argomento degli economisti (American way of life)
A partire da Léon Walras,
gli economisti hanno sostenuto che un sistema di concorrenza perfetta in tutte le industrie e su tutti i mercati porta a una soddisfazione ottimale dei bisogni dei consumatori – ottimale nel senso che la produzione complessiva, e dunque il consumo complessivo, vengono portati al massimo consentito da una quantità data di risorse produttive.3
Contro questo argomento si possono facilmente elencare almeno quattro obiezioni.
6a. Il capitalismo è caratterizzato dal monopolio e quindi da accordi sui prezzi. La concorrenza, pertanto, o si presenta come un residuo del passato oppure assume la forma di una concorrenza nelle vendite.
6b. I modelli possibili della situazione ottimale sono indefiniti, essi dipendono dalle reali disponibilità economiche delle persone. Il modello di consumo a cui la produzione dovrebbe conformarsi non dipende soltanto dai bisogni ma anche dai gusti per la cui soddisfazione si ha denaro a sufficienza. A reddito diseguale corrisponde un consumo asimmetrico: i consumi di lusso hanno la priorità sui consumi di prima necessità.
6c. Si prende in considerazione soltanto il risultato finale, ma cosa avviene durante le fluttuazioni? E il capitalismo è sempre stato soggetto a violente fluttuazioni, con alternanza di periodi di crescita a periodi recessione o stagnazione.
La concorrenza, dunque, può risultare costosa e dannosa, ed è ben lungi dall’essere un meccanismo indolore per raggiungere determinati risultati, anche ammesso che tali risultati siano desiderabili.4
6d. Infine quest’argomento può valere solo rispetto a quei prodotti che possono essere acquistati dai consumatori individuali. Si pensi agli Usa, di cui il prof. Galbraith, nel suo La società opulenta, mette in evidenza lo stridente contrasto tra l’opulenza privata e lo squallore pubblico.
©Maurizio Bisogno
1Maurice Dobb, Le ragioni del socialismo, Roma, 1973, p.11
2Idem, p.14
3Idem, p.16
4Idem, p.20