L’uomo irrequieto
di Maurizio Bisogno 2016
Tutto è o può essere contento di se stesso eccetto l’uomo, il che mostra che la sua esistenza non si limita a questo mondo, come quella dell’altre cose. Leopardi, Zibaldone, p. 26
Se l’uomo fosse fatto soltanto per vivere in questo mondo, potrebbe raggiungere un punto in cui potrebbe dire di essere contento di sé. Egli non raggiunge mai, se in non in maniera estemporanea, una condizione di piena soddisfazione. Quindi a lui potrei dire: ”Non sei di questo mondo, ché non ti accontenti di quello che sei!” Eppure non so dire se si tratta di ritornare a un qualche luogo originario o di raggiungere una meta finale, posso però affermare che l’uomo, proprio per sua natura, non smette mai di cercare un altrove – questo tu lo puoi chiamare in tanti modi, potresti, per esempio, chiamarlo la verità o la morte, ma non importa, quel che conta è che questo luogo si trova sempre dove l’uomo non è ancora o non è più. Tale irrequietezza dell’essere umano, ci autorizza forse a concludere che la natura umana non è idonea a questo mondo?
“Siamo qui solo di passaggio, la nostra vera meta è altrove”. Ma è proprio vero? Potremmo trovarci semplicemente di fronte a un ragionamento viziato. Se l’uomo non fosse fatto per essere in questo mondo, perché dunque è proprio qui che si trova ad essere? Si può infatti avanzare subito l’osservazione: è la condizione normale di questo mondo l’essere continuamente “insoddisfatta”, cioè l’essere continuamente in movimento, senza lunghi periodi di calma e “soddisfazione”. L’essere tutto è in continuo moto. Quindi è vero il contrario, e cioè che l’uomo è estremamente adatto a vivere qui proprio grazie alla sua natura instabile e immobile, egli è proprio come il mondo in cui si trova gettato sin dal suo concepimento.
In fin dei conti, a cosa serve scegliere l’una o l’altra spiegazione? Ma perché ne va di come intendiamo il nostro modo di essere al mondo, vale a dire se dobbiamo accettare, per esempio, il male e la sofferenza o il sacrificio in vista di una vita migliore in un altro “posto” diverso da questo mondo oppure se vale accettare il nostro essere al mondo nella sua finitezza e difficoltà e quindi scegliere di agire pensando che c’è un modo per vivere bene qui e ora.
La credenza che l’uomo non sia fatto per vivere bene in questo mondo è anche il terreno su cui si innestano molte credenze religiose che promettono un paradiso, celeste o terrestre, ma sempre posto nel futuro; questa credenza ci induce a posporre la propria possibilità di esistere pienamente. Infatti, essa pone sempre nel futuro, e soprattutto in un altro luogo , la possibilità di raggiungere gioia, felicità e pace interiore. In una parola: essa è un espediente. Da qui non si deve passare necessariamente a una concezione puramente materialista dell’uomo e del mondo, piuttosto noi siamo indotti a pensare l’essere qui e ora in senso stoico, cioè è possibile vivere meglio e bene se si adotta il mondo giusto di pensare.
Infine, benché il breve pensiero leopardiano da cui siamo partiti implichi conseguenze e approfondimenti che non possono essere affrontati in questa sede, spero che queste brevi osservazioni abbiano fornito un primo passo per capire le ramificazioni infinite che possono sorgere dalla lettura dello Zibaldone.