È possibile estendere ciò che non ha fine?

Di Maurizio Bisogno

Si tratta chiaramente qui di un problema teoretico e, in quanto tale, esso va affrontato con l’intelletto. Ciò-che-non-ha-fine, l’infinito, l’illimitato sono concetti che non rilevano dall’esperienza del mondo fisico. L’infinito ha origine nella mente.

In questo senso allora, l’idea di infinito, di senza limiti va oltre l’universo infinito e si avvicina al dio infinito.

Ora essendo per definizione senza limite, non osservabile, non potendo essere circoscritto in alcun modo questo infinito non può neanche superare se stesso. E allora non può neanche estendersi. Non ha tempo (eterno), è illimitato (lo spazio non può contenerlo), è immobile (il movimento ha bisogno di spazio e tempo).

La risposta sembra dunque evidente: non si può pensare l’estensione di ciò che non ha fine.

Questo concetto rimanda immediatamente all’Uno di Parmenide e all’1 di Pitagora, o anche all’apeiron di Anassimandro.

Nulla può contenere ciò che non ha fine, e tutto in esso è contenuto. È chiaro che la nostra logica non ci permette di estendere un “concetto” del genere. Tuttavia se consideriamo che è la nostra mente a concepire l’illimitato, allora è essa stessa in un altro senso la sua estensione – come precipitato, come individuazione.

Da un punto di vista materialista, poi, l’infinito non può avere altra esistenza se non quella della pura possibilità.

In conclusione, ciò che non ha fine non può avere alcuna estensione all’infuori di se stesso, in quanto ogni pensabile è già all’interno di ciò che non ha fine, se non lo fosse, infatti, l’apeiron non sarebbe più tale. Pensare un estensione dell’infinito vorrebbe soltanto dire che non si riesce veramente a concepire un “ente” infinito.

EstensioneDell’Infinito