Falsa coscienza e astrazione: come il capitalismo plasma la nostra mente
Alfred Sohn-Rethel sviluppa una teoria che collega strettamente la logica dello scambio di merci alla formazione delle categorie del pensiero astratto e razionale nella società borghese. Secondo il filosofo, la pratica economica del capitalismo, in particolare lo scambio di merci, non influenza solo l’organizzazione della produzione e del lavoro, ma arriva a plasmare le strutture cognitive degli individui. Le categorie mentali che consideriamo “universali” o innate, come lo spazio, il tempo, la quantità, o il valore, non nascono dalla natura umana, ma sono il prodotto di processi economici specifici. L’astrazione necessaria nello scambio di merci, infatti, si riflette nel modo in cui pensiamo e interpretiamo il mondo.
Quando due merci vengono scambiate, i loro valori d’uso, cioè le caratteristiche concrete che le rendono utili, vengono astratte per concentrarsi solo sul loro valore di scambio. Ad esempio, una mela e una sedia sono diversi per funzione, ma nel momento dello scambio, il mercato non considera queste differenze; vede solo il loro valore economico, riducendoli a equivalenti. Questo processo di astrazione, che Sohn-Rethel chiama *astrazione reale*, avviene automaticamente e inconsciamente, senza bisogno di un pensiero consapevole. È una prassi sociale che poi si estende al modo in cui le persone sviluppano concetti astratti.
Da questa astrazione economica derivano le categorie del pensiero razionale. Per partecipare al mercato, gli individui devono pensare in termini di equivalenze e valori. La forma del pensiero astratto nasce dalla necessità di ridurre le differenze tra merci per rendere possibile lo scambio. Le categorie di valore, prezzo, quantità e misura, che sono essenziali per il funzionamento del mercato, diventano poi parte del pensiero comune. Questa logica di equivalenza formale, inizialmente limitata all’economia, si generalizza, fino a diventare la base del pensiero scientifico e logico che caratterizza la modernità.
Ma Sohn-Rethel va oltre, collegando la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale a questo stesso processo di astrazione. Nella società borghese, la specializzazione del lavoro divide il pensiero astratto dalla pratica manuale. Il lavoratore, impegnato in una funzione specifica all’interno di un sistema più ampio, deve comprendere concetti astratti per svolgere il proprio ruolo, ma è separato dall’azione concreta che compie. Questa divisione rinforza ulteriormente la logica astratta del capitalismo, dove l’intelletto è visto come separato dalla materia.
Un aspetto interessante è il modo in cui questa astrazione economica influisce sulla cultura giuridica. La legge, che dovrebbe regolamentare le interazioni umane e sociali, spesso riflette la stessa logica astratta che governa il mercato. Le norme giuridiche, così come le categorie del pensiero economico, sono modellate per sostenere le dinamiche dello scambio di merci. Questo crea un ciclo in cui il pensiero razionale, formale e astratto, viene continuamente rinforzato dalle pratiche legali e commerciali.
Infine, è importante notare come la falsa coscienza giochi un ruolo fondamentale in questo sistema. La società borghese vede le categorie astratte come naturali e universali, separate dall’azione concreta. Questo rinforza l’idea che il pensiero razionale sia intrinseco alla ragione umana, nascondendo il fatto che queste categorie derivano da pratiche economiche specifiche e storicamente determinate. Di conseguenza, le strutture capitalistiche si perpetuano senza essere messe in discussione, poiché il pensiero stesso è organizzato per mascherare le sue origini materiali.
In sintesi, Sohn-Rethel ci mostra come la logica dello scambio di merci non solo governi l’economia, ma influenzi profondamente il modo in cui pensiamo e percepiamo il mondo. Il pensiero razionale e astratto della società borghese non è innato, ma è il prodotto di un processo di astrazione economica che permea ogni aspetto della vita sociale, dalle relazioni di produzione alla cultura giuridica. Questa visione sfida l’idealismo, mostrando che le categorie del pensiero umano non sono universali, ma costruite storicamente attraverso il capitalismo.
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